Tutt* dovremmo proteggerci, ma non per tutt* è facile 

Far parte della comunità LGBT+ significa, tra le altre cose, avere un accesso piuttosto limitato a informazioni e addirittura a risorse riguardanti il mondo della contraccezione. Molte strutture mediche in Italia sono carenti in questo senso e anche online non è semplicissimo trovare fonti adeguate, soprattutto in italiano. Cerchiamo di fare un excursus sul tema.

Innanzitutto, qualsiasi tipo di rapporto sessuale non protetto può comportare il rischio di contrarre malattie sessualmente trasmissibili (STDs), non solo il rapporto penetrativo. Nonostante non se ne parli molto e l’attenzione medica verso questo discorso sia spesso ridotta, usare metodi contraccettivi è fondamentale anche per chi non pratica rapporti penetrativi. E, no, non importa se il medico o *l* ginecolog* non ci dice nulla in quanto resta in ogni caso di vitale importanza effettuare screening regolarmente per le STDs. In ambito sanitario capita di rado che questo venga fatto presente. A volte questa mancanza si ha per superficialità, altre volte si ha per  è tabù o ignoranza, soprattutto se si tratta di soggetti  appartenenti alla comunità LGBT+. 

Il condom, ad esempio, va usato anche per i sex toys e va cambiato ogni volta che il sex toy viene scambiato tra divers* partner. Le infezioni possono, infatti, essere facilmente trasmesse attraverso  le mani, la bocca e tutta l’area genitale. Per quanto riguarda il sesso orale, un metodo contraccettivo a barriera come il dental dam può proteggere dalle STDs. Ne esistono diversi tipi e di diversi materiali. Trovarli e acquistarli, però, è ancora ben più difficile rispetto ad un comune condom ie in linea generale bisogna affidarsi agli acquisti online.

Per quanto riguarda le persone trans, la situazione è particolarmente complicata. Per quanto riguarda le persone transgender AMAB (assigned male at birth), talvolta la terapia ormonale finalizzata alla transizione non blocca la spermatogenesi, lasciando dunque esposti al rischio di una  gravidanza. Per questo, anche quando *l* partner non ha STDs ed effettua screening regolari, è necessario utilizzare metodi contraccettivi a barriera per evitare gravidanze indesiderate, in particolare modo durante la fase di transizione che può essere particolarmente delicata fisicamente e psicologicamente. In alternativa, se c’è un* partner AFAB (assigned female at birth) consenziente, si possono usare la pillola, i metodi contraccettivi intrauterini o l’impianto sottocutaneo. Nel caso delle persone AFAB, le operazioni sugli organi genitali causano la perdita irreversibile della fertilità, dunque, la contraccezione va usata solamente per prevenire STDs. Diverso è il caso di chi sta ricevendo un trattamento ormonale per l’affermazione di genere. La fertilità può essere ridotta, a volte persa, ma si tratta di cambiamenti difficili da determinare e potenzialmente reversibili il che espone al rischio di gravidanze indesiderate perché anche quando c’è amenorrea (assenza di mestruazioni), l’ovulazione potrebbe comunque continuare.

In alcuni casi, i metodi a barriera come condom, femidom o dental dam, non sono l’opzione adatta o preferita. Fortunatamente, esistono diversi metodi contraccettivi che sono validi anche per la popolazione LGBT+, ognuno con i suoi pro e i suoi contro. Questi metodi non interferiscono con il processo di transizione e permettono di vivere la sessualità in maniera più serena: elemento fondamentale soprattutto quando il percorso verso la transizione ha avuto o sta avendo effetti psicologici negativi. Tra le varie opzioni, c’è l’impianto sottocutaneo: non contrasta l’ormone mascolinizzante perché non contiene estrogeni, dura fino a tre anni, è molto efficace contro le gravidanze e il posizionamento non coinvolge l’apparato genitale. Allo stesso tempo, però, per inserirlo bisogna sottoporsi ad anestesia locale e in seguito può causare sanguinamento genitale. 

Anche i dispositivi intrauterini sono molto efficaci, hanno una durata di 10 anni, non contengono estrogeni, e contegono il levonorgestrel che può funzionare in sinergia con la terapia mascolinizzante con T. Lo svantaggio maggiore, nella natura invasiva della procedura ginecologica per l’inserimento finendo per peggiorare la disforia. La pillola contraccettiva invece non prevede procedure ginecologiche e contenendo solo progestinico non influisce sulla terapia ormonale. Potrebbe non essere adatta a tutt* perché richiede un’assunzione giornaliera e gli effetti collaterali secondari possono a volte causare disforia. Un’altra opzione è l’anello vaginale che garantisce un buon controllo del sanguinamento e dura circa tre settimane. Non è un metodo molto diffuso dato che l’etinilestradiolo può agire negativamente con l’effetto mascolinizzante del T ed è anch’esso fonte di disagio per l’inserimento, la rimozione e il possibile aumento della disforia.

A prescindere da quale metodo si scelga, in Italia la contraccezione è gratuita e disponibile per tutt*. Questo almeno in teoria e per legge, secondo le norme n. 405 del 1975 e la legge n. 194 del 1978. La prima riguarda i consultori familiari e la seconda la tutela sociale della maternità e l’interruzione volontaria di gravidanza. Nella realtà, però, la gestione di questi temi è stata delegata alle Regioni o, nei casi peggiori, ai singoli ospedali, consultori e Asl. Questo ha reso la questione più complicata e tutt’altro che omogenea a livello nazionale: tra ostacoli di natura politica e difficoltà di tipo finanziario. 

In Italia il diritto alla salute non è una certezza ma una scommessa, in cui le variabili da considerare sono il luogo specifico in cui si nasce, le persone che si incontrano e le risorse che si hanno. Per usare i metodi contraccettivi bisogna prima di tutto fare degli esami che a volte risultano costosi. Fanno da eccezione alcune condizioni specifiche come l’ovaio policistico che possono essere curate con la contraccezione. Al di fuori della condizione patologica e di esami specifici, quindi, la contraccezione è un privilegio vietato alle classi sociali più povere. Spesso la contraccezione, nella narrativa comune, ha prima un fine di cura e poi solo eventualmente un fine di prevenzione.

Esistono alcuni portali, come Arcigay, che danno indicazioni utili su temi come contraccezione, orientamenti sessuali, disforia, con il supporto diretto di esperti di educazione sessuale. Ad esempio, l’iniziativa “Sotto lo stesso cuore” ha dato vita a un opuscolo che tratta questi temi ed è pensato per gli studenti. Oltre a fare informazione, questi portali sono spazi importanti perché privi del giudizio e della noncuranza che la società e la legge portano, di fatto, avanti.  


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